lunedì 6 luglio 2009
Allenatori di Italia, Croazia, Slovenia e Austria si sono incontrati per un aggiornamento tecnico con Mister Trombetta

Il titolo più pittoresco fu del quotidiano Il Manifesto: “Del Cluj la Romania fece Trombetta”, spregiudicata manipolazione del dantesco“ed elli avea del cul fatto trombetta”. Eravamo alla fine dello scorso mese di settembre e Maurizio Trombetta, allenatore udinese di 46 anni, aveva appena vinto per 2 gol a 1 la partita di Champions League contro la Roma, alla guida di una squadra rumena sconosciuta ai più, il Cluj. Nella medesima competizione la sua banda multietnica seppe pareggiare con il Chelsea. Abbiamo approfittato della sua presenza a Tolmezzo, dove ha tenuto una lezione nell’ambito di un convegno internazionale organizzato dall’Associazione italiana allenatori calcio (Aiac) per intervistarlo.
Com’è l’Italia vista dalla Romania?
“Eh… diversa. Sono arrivato in Romania nel periodo in cui c’erano delle tensioni con Berlusconi che diceva al ministro rumeno: non vi vogliamo, mandiamo fuori i rumeni. Da lì le cose hanno un punto di osservazione completamente differente e poi quando fai l’esperienza di avere a che fare con un popolo molto simile a noi, e di brava gente, hai anche la base per poter sviluppare riflessioni meno scontate”.
Come sono i rumeni, visti da un’italiano che ha avuto l’opportunità di lavorarci assieme?
“La Romania è divisa in tre zone: Romania ungherese, Romania terra, quindi la parte di Bucarest, e Romania moldava, che sente l’influenza russa. Essendo stato nella Romania ungherese, dico che sono molto simili a noi, non solo simili all’italiano, ma specialmente al friulano. Quindi: gente alla mano, forse un po’ più disponibile di noi, nel senso che siamo più chiusi, e soprattutto lavoratori”.
Qual è il metodo migliore per gestire un gruppo multietnico?
“Capire le dinamiche di spogliatoio interne al gruppo e fornire delle gerarchie. Sono tutti giocatori che tratto alla stessa maniera, perché il mio è un giudizio tecnico, ma è anche vero che nel gruppo c’è chi comanda di più e quindi devi riuscire a intrattenere un rapporto più diretto con quei cinque/sei che sono dei leader per gli altri. In un gruppo multietnico devi individuare i leader di ciascun gruppo”.
Di quanti gruppi, suddivisi per aree geografiche di provenienza, era composta la sua squadra?
“Fondamentalmente quattro: rumeni, pochi; sudamericani di lingua spagnola; portoghesi e brasiliani; africani. Ho trovato una situazione abbastanza stabilita, essendo il terzo anno che tali gruppi erano presenti, un mix già stabilizzato, per cui non è stata difficile la gestione”.
Quali sono stati gli ingredienti di quello che possiamo definire il “sacco di Roma”?
“Senz’altro un mix abbastanza fortunato di: allenatore italiano, che quindi conosceva sia il modo di giocare della Roma che la situazione assolutamente non facile che la stessa Roma stava attraversando, tra infortuni, ritardo di preparazione e problemi societari; e la fortuna di un cambio di allenatore(Trombetta era subentrato da 12 giorni a Ioan Andone alla guida del Cluj. Ndr) che aveva dato risultati immediati – la prima partita in Romania vincemmo in rimonta – infondendo entusiasmo. Inoltre gli stimoli fenomenali per dei giocatori alla prima esperienza in Champions League ci hanno consentito di fare la partita perfetta e di riuscire a vincere una partita che non si sarebbe mai neppure potuto immaginare”.

Una delle chiavi che ci pare orientino il suo agire da allenatore, è la semplicità, cioè: se un giocatore ha troppe scelte di gioco, c’è il rischio che faccia confusione…
“ Si. Ma non solo il singolo giocatore, bensì la squadra, il gruppo. Cioè, ritengo che se hai la fortuna di lavorare con giocatori che hanno qualità, tecniche e tattiche, più schemi hai e più difficile è la cosa. Meglio trasmettere pochi concetti chiari, che valgono per tutti: questo permette a ciascuno di sfruttare le proprie qualità. Se invece su una qualità di base buona, aggiungi troppi particolari, rischi di fare peggio”.
Ultima domanda, tecnica: è possibile ancora innovare nel gioco del calcio?“Se sei capace di semplificare, secondo me innovi. Credo che inventare non si possa più, devi semplificare il più possibile. Più lo fai e più ottieni risultati”.
Francesco Brollo
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giovedì 2 luglio 2009
Mister Trombetta relatore al convegno internazionale dell'Associazione Italiana Allenatori a Tolmezzo (Ud)
L’ex tecnico del Sevegliano, protagonista nell’ultima Champion’s League, ha ricevuto offerte dall’estero, ma nulla di concreto. Intanto, attende un progetto serio. E racconta agli allenatori carnici come si fa ad avere successo.Il mister friulano attende una chiamata: il sogno è allenare in Italia

- Mister, dopo la parentesi romena, per lei si sta muovendo qualcosa?
“Per il momento non c’è nulla di ufficiale. Ho avuto qualche contatto con club esteri, ma ci siamo fermati a una semplice chiacchierata”.
- Da dove sono giunte le chiamate?
“Ungheria ed Egitto, ma non si trattava di proposte concrete”.
- Si aspettava un trattamento diverso dopo quanto di buono aveva fatto vedere sul palcoscenico internazionale?
“Naturalmente mi attendevo qualcosa di più, ma prendo atto della situazione e guardo avanti con fiducia. Io, comunque, sono pronto per ripartire”.
- Quale sarebbe l’offerta tipo?
“Non ne faccio una questione di categoria, ma di progetto. In Italia mi rendo conto che è molto complicato trovare spazio, perché bisogna entrare nel ‘giro’. E io, effettivamente, in prima squadra ho allenato solo in Eccellenza, a Sevegliano. Diverso è il discorso per l’estero. In questo caso accetterei soltanto un progetto di livello. Una possibilità, insomma, come quella che mi ha dato il Cluj”
- A meno di una chiamata dell’ultimo momento, le situazioni sulle panchine professionistiche sono quasi tutte risolte.
“E’ vero. Ci vorrà un po’ di pazienza e sperò che un domani questa attesa sarà ben ripagata”.
Daniele Micheluz
Daniele Micheluz
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