venerdì 19 settembre 2008

Un po di rassegna stampa dopo Roma - Cfr Cluj

LE PAGELLE
Gazzetta dello sport - 17 settembre 2008
STANCIOIU 6,5 Nessuna parata difficile, ma diverse uscite utili nei momenti caldi.
TONI 5,5 Dal suo lato deve faticare soprattutto quando c' è Vucinic.
CADÚ 5,5 Anticipato dal montenegrino sul gol, non è mai impeccabile.
DE SOUSA 6 Più in difficoltà nel primo tempo che nel secondo. Cresce alla distanza.
PEREIRA 6 L' inizio è da brivido, lentamente prende le misure e finisce senza patemi.
DANI 6 Davanti ad Aquilani pensa che sarà una gara di sofferenza, ma quando le maglie si allargano capisce che gli andrà bene.
MURESAN 5,5 Aiuta i compagni, ma non riesce mai a frenare De Rossi.
DUBARBIER 6,5 Piedi assai decorosi e buona intelligenza tattica. Tira, s' inverte di fascia con Juan Culio e fa bene. (Panini s.v.).
TRICA 7 Mette lo zampino in entrambe le azioni delle reti romene. Nessuna sorpresa: ha numeri da campioncino. PERALTA 6 Entra per Trica e, da ex interista, timbra una traversa di testa che poteva essere l' apoteosi.
JUAN CULIO Se non perdesse il contrasto con De Rossi da cui nasce il primo gol, sarebbe perfetto. La bella doppietta però lo santifica.
KONÈ 7 Non sarà un asso nel trovare la porta, ma si muove in modo perfetto per gli incroci dei trequartisti alle sue spalle.

ALL. TROMBETTA 7 Consola un po' vedere come la saggezza tattica Made in Italy renda perfetta una multinazionale assai poco romena.

Corriere dello sport - 17 settembre 2008
Cfr CLUJ

7 Juan Culio - Una doppietta da incorniciare. Perde il pallo­ne in occasione del gol di Pa­nucci. Si fa perdonare dopo die­ci minuti quando realizza il pa­reggio. Gela l’Olimpico all’ini­zio del secondo tempo, quando ben appostato in area, trova il raddoppio.
7 Dubarbier - Prima occasione ve­ra per il Cluj, con un tiro da lon­tano. E’ il campanello d’allarme per la Roma
7 Trombetta (all.) - Aspetta la Ro­ma, può quando capisce che può colpire, manda avanti i suoi. 6,5 De Sousa - Se la cava senza strafare.
6,5 Dani - Impegna Doni al ter­mine di un’azione in contropie­de.
6,5 Muresan - Molto attento alla fase difensiva, sfiora il gol su punizione. Sempre nel vivo del gioco.
6,5 Trica - Appena trova spazio è uno che fa male.
6,5 Peralta - Colpisce il palo di te­sta.
6 Alvaro Pereira - Un po’ rude nei contrasti, pericoloso negli inse­rimenti e sui tiri da lontano.
6 Konè - Molto attivo.
6 Stancioiu - Bravo nelle uscite.
6 Tony - Da quella parte, con To­netto e Riise, non deve soffrire.
6 Cadu - Si fa anticipare da Pa­nucci in occasione del gol.








The Sunday Times

September 28, 2008
Chelsea must beware Juan Culio, the new terror of Transylvania
Argentina’s Juan Culio hopes to give the Blues a fright on Wednesday
Ian Hawkey


LIKE all the best stories from Transylvania, the tale of CFR Cluj has a strong sense of mystery, of the unexpected. It also has its moment of shock and, at the end of the first night, even a perturbed heroine. “I didn’t believe it could be as bad as this,” shrieked Rosella Sensi, the president of AS Roma, as if she’d just woken up from a dream in which Bela Lugosi stood poised over her bedside.
The Romanians, making their debut in the group stages, had just defeated Roma 2-1 in the Italian capital on the opening evening of the Champions League. Apart from establishing that they had taken the domestic title out of Bucharest for the first time in a generation and that they have a handsome budget by Eastern European standards, the conclusion among Romans after the defeat was that Roma’s staff ought to have known more about their opponents.
Yet Roma would have been hard pressed to second-guess much about Cluj. The new head coach, an Italian named Maurizio Trombetta, was in charge that night for only his second competitive match; and the man who scored twice, Juan Emmanuel Culio, inset, had always been known for the sweetness of his left foot rather than his qualities as a finisher.
For just about everybody in the Cluj team, it seems to have been the match of a lifetime, none more so than Culio, a 25-year-old Argentine nomad, who even now has difficulty in putting the achievement into context. “Emperor Culio”, one Romanian headline branded him the day after his two goals, while the national FA was talking about granting him citizenship so that he might play for the country where he has lived for less than 18 months. In Argentina, a rigorous search was begun in an effort to discover where this player had emerged from.
“I don’t really like any sort of fame,” Culio said at the home he shares with his young family in Cluj. “All of us felt that the Champions League would be the opportunity to show what level we were at as footballers and that if we are there, it was because we deserved to be. We are a good side and we showed that against Roma.” Culio scored only once last season. His professional endeavours before that amounted to sporadic appearances for lesser clubs in Argentina. He worked on building sites as a teenager and, unable to crack a regular top-flight gig in Argentina, moved to Chile, before he was contacted with an offer to play for a provincial Romanian club with an ambitious president, Arpad Paszkany. “I didn’t know much about where I was going,” he recalls, “but it was good for my family. It’s not so different from where I come from, except maybe the food. It helped there were some other South Americans there. We can eat ourasadostogether.”
Cluj are almost as cosmopolitan as Arsenal, and Ipswich supporters may recall Argentine midfielder Sixto Peralta. As for Trombetta, his has been a giant leap. An assistant coach at Udinese, Napoli, Perugia, Bologna and Ancona, he became a a chief coach only last season in what is in effect Italy’s sixth division. Promoted from No 2 this month, he has made quite an impression. “He reads games very well,” says Culio. “He said to us in Rome, ‘Look out for how Roma’s full-backs both come up at the same time. They’ll leave space behind them and we can take advantage’. He was right.”
So on Wednesday, when Chelsea’s full-backs thrust forward, should they expect an ambush? “Listen, it’s 11 against 11,” says Culio, “but we have to be careful because there was so much euphoria after Roma.” Once bitten, twice shy, as they probably say in Transylvania.

IL MANIFESTO fonte: Matteo Patrono
Del Cluj la Romania fece Trombetta
Schiantato dal sortilegio rumeno ( O Mutu where art thou? ) e in preda allo sconforto per opera degli sconosciuti ferrovieri del Cluj, l'altra sera il tifoso romanista disincantato ha provato a consolarsi con Totò, viaggiatore in borghese sul wagon-lit Napoli-Milano che sbeffeggia Mario Castellani, alias l'Onorevole Cosimo Trombetta. «Questa faccia non mi è nuova. Io conosco suo padre, quel gran trombone di suo padre» ( Totò a colori , 1952). L'appassionato romanista di lunga memoria invece ricorda quel pomeriggio del 1981 quando Trombetta Maurizio da Udine, giovane promessa della Primavera bianconera, infilò nella porta giallorossa il gol che valeva il campionato giovanile. Lo stesso Maurizio Trombetta che 27 anni dopo si è presentato all'Olimpico con una banda rumena di calciatori cosmopoliti stipendiati da un riccone ungherese e ha demolito la quarta Roma spallettiana. Un successo pazzesco che ha mandato in orbita i giornali rumeni («Il Cluj ha fatto esplodere la prima bomba della Champions League»), gli immigrati rumeni della capitale («Magica Romania»), gli abitanti della Milano rumena, capitale della Transilvania, città universitaria in pieno boom capitalistico: in mille circa sono scesi in strada a festeggiare fino a notte fonda la doppietta del bomber argentino Juan Culio, ex muratore della provincia di Buenos Aires che ora la federazione rumena vorrebbe naturalizzare per impiegarlo in nazionale. Coolio è uno dei 23 stranieri che compongono la rosa del Cfr 1907 Cluj, uno dei club più antichi del paese, fondato da un gruppo di manovali 101 anni fa e scaraventato al centro del pallone dopo un secolo di anonimato. Carneadi argentini, brasiliani, portoghesi, canadesi, ivoriani, svedesi e qualche rumeno, tutti senza esperienza internazionale a parte Konè, ex Rosenborg del Burkina Faso. Guidati dall'ex centrocampista di Udinese, Catanzaro, Spal, Giorgione, Triestina e Pistoiese, una dozzina di apparizioni e due gol in serie A negli anni ottanta, una vita da vice in panchina nei novanta, prima del grande salto tre mesi fa: dai dilettanti friulani ai campioni di Romania. 46 anni, Trombetta comincia la carriera da allenatore nel 1994 a casa sua, là dove aveva iniziato da ragazzo, con gli allievi dell'Udinese. Giovanni Galeone si accorge di lui e lo porta in prima squadra come braccio destro, poi anche al Perugia e al Napoli. E' l'ombra di Guidolin ancora a Udine e Bologna. L'anno scorso, dopo 10 anni tra i professionisti di A e B, decide di smettere i panni di vice e andare per la sua strada: va a insegnare calcio al Sevegliano, in Eccellenza, prende una squadra in fondo alla classifica e la porta fino al quarto posto, vincendo pure la Coppa Italia del Friuli Venezia Giulia. Tre mesi fa lo chiama il giovane imprenditore ungherese Arpad Paszkany che col Cluj ha appena vinto campionato e coppa di Romania e cerca un tecnico italiano da affiancare al mister Ioan Andone per affrontare la prima storica avventura in Champions League. In Romania i tattici italiani vanno forte: Zenga si è fatto le ossa lì, Bergodi aveva allenato proprio il Cluj. Trombetta accetta per «aprirsi a nuove esperienze e sviluppi non prevedibili»: dopo un inizio disastroso in campionato (2 vittorie in 11 partite), Paszkany gli affida la squadra e lui s'inventa un esperanto tutto suo per comunicare con la folta legione straniera. «Qui la gente è più semplice e nel calcio la semplicità funziona». L'esordio è roba di cinque giorni fa, un convincente successo in casa del Gloria Bistrita (2-1). Martedì il colpo di teatro all'Olimpico, completo scuro, palla a terra e contropiede. Fatale per la scombussolata Roma di questo inizio di stagione. «Che soddisfazione per i miei ragazzi, si sono fatti conoscere sorprendendo l'Europa». Sette anni fa, prima dell'arrivo del padrone ungherese, il Cluj navigava a vista nella serie C rumena. Nel 1907 aveva visto la luce col nome Kvsc e il motto «Onora il duro lavoro», beccando 23 gol al debutto contro una squadra di universitari. Da lì comincia un su e giù infinito nelle serie regionali del calcio rumeno, accompagnato da innumerevoli cambi di denominazione sociale. Nel 1912 diventa KTC, Kolozsvari Torna Club. Nel 1921 Cfr, protagonista di un derby alcolico col Victoria Cluj: 22 giocatori ubriachi in campo e scontri sugli spalti. Durante la guerra i bianco-viola vanno a giocare in Ungheria, i primi rumeni a calpestare l'erba vera coi tacchetti. Nel '50 diventano Locomotiva Cluj, schierando parecchi medici dell'ospedale locale. Nel '60 sono costretti a fondersi col Rapid Cluj e diventano Csmc (club sportivo dei lavoratori di Cluj). Ai ferrovieri però la cosa non va giù e così nel '65 mollano tutto e ripartono dai dilettanti regionali col nome di Depoul de Locomotive: risalgono lentamente e nel '68 arriva la fusione col Clujana, che li porta direttamente in serie B come Cfr Cluj. Nel '73 sono quinti in serie A e sfidano la nazionale cubana. Poi sprofondano di nuovo in C. Il crollo di Ceausescu li coglie in piena crisi, finanziaria soprattutto. Lottano a lungo per non sparire, poi nel 2001 arriva Paszkany e parte la scalata verso l'alto in nome della società globalizzata. Fino al mister friulano che ha un blog personale e collabora con SlowFootball, movimento di promozione del diritto al piacere e al gusto del calcio. Chiediamo scusa a Dante, ma del Cluj la Romania fece Trombetta.

Messaggero Veneto, 21 settembre 2008
«Innamorato della mia Udine»
Udinese doc, nonostante un esperienza di quasi vent’anni in giro per l’Italia e l’Europa, Maurizio Trombetta lo è sempre stato. Nato e cresciuto all’ombra del vecchio “Moretti”, il tecnico che con i romeni del Cluj ha sbancato, martedì, l’Olimpico di Roma è un figlio di Udine e del Friuli e che dalla sua terra è partito per cercare fortuna, prima come calciatore e poi come allenatore ma che a casa torna sempre volentieri sia per abbracciare amici e familiari sia per ritrovare una città «stupenda e a misura d’uomo». Mister cosa rappresenta Udine per lei? Casa mia. Qui ho la mia famiglia e la mia compagna Pamela e nonostante per lavoro sia stato spesso in giro per l’Italia non ho ancora trovato un posto che mi faccia assaporare un ambiente così a misura d’uomo, vivibile e contenuto. La città, poi, secondo me è un gioiellino architettonico, stupenda esteticamente, pulita e tranquilla. Se dovesse trovare un difetto alla sua città natale quale sarebbe? Oltre alla pioggia che proprio non sopporto direi, forse, la freddezza come accoglienza che gli abitanti possono riservare a chi arriva da fuori. In realtà, però, quello della scarsa apertura dei friulani è un falso mito perché sarà anche vero che all’inizio gli udinesi sono diffidenti, ma basta conoscerli un po’ per capire che è soltanto apparenza. Siamo gente di cuore, probabilmente all’inizio un po’ difficili da capire, ma che poi, quando decidiamo di aprirci, sono disposti davvero a dare tutto. Si rivede anche lei in questa descrizione? Guidolin mi diceva sempre che era più friulano lui di me e forse è vero. “Checcho”, infatti, ha una cultura del lavoro straordinaria, pensa al suo mestiere di allenatore ogni momento della giornata, mentre io sono un po’ diverso. Sarà stato il fatto che ho vissuto lontano da Udine per tanti anni, ma a fianco dell’importanza del lavoro ho imparato che è anche fondamentale, nei limiti del possibile, godersi la vita. Vivrebbe stabilmente in qualche altro posto oltre a Udine? Io qui sto davvero bene, ma se proprio dovessi scegliere forse direi Trieste. La città è stupenda e poi c’è il mare che, purtroppo, noi non abbiamo. Adoro l’atmosfera che regalano il golfo e i posti di mare in generale come anche Grado che amo e che è il luogo dove ritaglio i miei spazi per rilassarmi. Quali zone preferisce della città? Sono stato lontano da Udine per quasi un ventennio e la città non l’ho vissuta profondamente durante la carriera di calciatore. Quando ho cominciato ad allenare, invece, il tempo libero era sicuramente maggiore e ho cominciato ad apprezzare parecchi angoli del centro-storico. Qualche anno fa il nostro gruppo di amici si ritrovava spesso al “Cappello”, mentre adesso uno dei locali che preferisco è l’osteria “Al Fagiano”. Spesso, in città, molti si lamentato del numero e della tipologia di strutture sportive in città: lei che ha visto tante altre situazioni cosa ne pensa? Francamente penso che non ci possiamo proprio lamentare perché Udine era e resta un’isola felice anche dal punto di vista dell’impiantistica. Certo tutto è perfettibile e in certi versanti si potrebbe fare ancora meglio, ma vi assicuro che, girando l’Italia, ci sono realtà che avrebbero bisogno molto più di noi di implementare le proprie strutture e di costruirne ex novo. Certamente non possiamo pretendere di essere al pari di città molto più grandi, anche perché sarebbe una filosofia sbagliata e che rischierebbe di essere soltanto controproducente. In questi giorni si sta svolgendo a Udine una nuova edizione di Friuli Doc, una delle manifestazioni che palazzo d’Aronco promuove per valorizzare la città. Secondo lei Udine, a livello di kermesse, a che punto si trova? Il discorso è simile a quello dell’impiantistica: non abbiamo lo sviluppo di Milano, Torino o Roma e non possiamo averlo, ma secondo me ci stiamo muovendo bene. Soprattutto negli ultimi anni sono aumentate le manifestazioni culturali, le fiere e gli appuntamenti per il grande pubblico che dimostrano come Udine si stia aprendo all’internazionalità. Da Udine è partita la sua avventura nel calcio. Quasi inevitabile visto dove viveva... Sì, è vero. A sei anni abitavamo dietro al campo Moretti e mi bastava attraversare la strada per andare a raggiungere i miei fratelli che si allenavano. Mi ricordo che mi facevano già giocare, anche se non avrei potuto, con quelli più grandi di me. Non so cosa avrei potuto fare oltre che il calciatore. D’altronde il pallone fa parte del dna della mia famiglia visto che anche i miei due fratelli hanno sempre giocato e uno dei due, Paolo, è arrivato fino in Interregionale con l’allora Cussignacco del mitico Gigi Comuzzi. Da calciatore avrebbe mai pensato passare, poi, dall’altra parte della barricata cominciando ad allenare? Sinceramente sì. Durante la mia carriera, infatti, cercavo sempre di tenermi informato sui metodi di allenamento, sulle nuove tipologie di carico e scarico: volevo capire come ci si muoveva e facevo domande, leggevo, studiavo. Poi, una volta chiusa la carriera da calciatore, ho cominciato nel settore giovanile dell’Udinese perché ero convinto che lavorare con i giovani fosse, per me, l’ideale. Almeno fino all’anno scorso quando ho preso in mano il Sevegliano è ho capito che volevo un gruppo maturo, tutto mio, da allenare e plasmare. Quest’anno, poi, il trasferimento in Romania. Come si trova? Molto bene. È chiaro che l’impatto iniziale, soprattutto per la lingua, è stato difficile, ma dopo un paio di mesi posso dire che il romeno quantomeno comincio a capirlo se non a parlarlo. Di Udine mi mancano gli affetti e il cibo, anche se a Cluj ci sono un paio di ristorantini italiani niente male, ma la società è seria, non ti fa mancare nulla e la mentalità per puntare in alto. In squadra ha argentini, spagnoli, portoghesi, africani e rumeni: cosa fa, parla in Esperanto? No, no! L’addetto stampa della società parla benissimo italiano e in spogliatoio mi fa da traduttore, ma in campo parlo italiano da quando ho preso in mano la squadra. I giocatori di lingua neolatina sono la maggior parte e riusciamo a capirci a vicenda. Ha incontrato qualche friulano nel suo soggiorno romeno? Non ancora, ma sono sicuro che qualche Fogolar furlan c’è anche da queste parti. Spero di trovarne qualcuno anche per respirare un po’ di aria di casa a migliaia di chilometri di distanza.
Mattia Pertoldi


Messaggero Veneto, 18 settembre 2008
Trombetta, l'ottavo re di Roma

UDINE. L’ottavo re di Roma? Per un giorno, almeno, è senza dubbio lui: Maurizio Trombetta tecnico friulano del Cluj che, martedì, ha strapazzato la Roma all’Olimpico alla sua seconda, vera, panchina da professionista. Sky, Rai, Mediaset e i principali quotidiani italiani stanno facendo a gara per scoprire da dove nasce il “fenomeno Trombetta” che ha mandato in crisi i giallorossi di Spalletti e che al ritorno nella terra di Dracula è stato accolto come un trionfatore. E qualcuno è rimasto stupito nel sapere che l’allenatore udinese l’anno scorso guidava una squadra in Eccellenza. Mister lo scorso 4 maggio chiudeva il campionato di Eccellenza a Monfalcone al timone del suo Sevegliano. Se le avessero detto che quattro mesi dopo avrebbe sbancato l’Olimpico, battendo la Roma di Spalletti, come avrebbe reagito? «Avrei dato del pazzo completo a chi me lo diceva – spiega Trombetta –. Ma d’altronde il calcio è come la vita: capitano delle opportunità e uno deve essere bravo a saperle sfruttare». Seconda panchina da professionista e subito un risultato storico: dobbiamo chiamare anche lei “Special one”? «No, anche meglio visto che Mourinho è arrivato in Champions dopo aver allenato più a lungo di me!! Battute a parte questa non è una vittoria solo mia, ma del gruppo di giocatori validi che ho a disposizione senza dimenticare lo staff tecnico con il quale ho lavorato fino a due settimane fa e che era e rimane molto valido». Nella vittoria dell’Olimpico dei suoi due “maestri” c’era più Guidolin o Galeone? «Abbiamo puntato a bloccare il gioco sulle fasce dei giallrossi, fatto di fraseggi fitti e palla a terra. Sapevamo che la squadra di Spalletti se lasciata giocare diventa devastante. Per cui diciamo che nel nostro atteggiamento tattico difensivo c’era un pizzico in più di Guidolin. Ma siamo stati anche molto bravi a ripartire e a cercare di mettere in difficoltà la formazione di Spalletti come insegna Galeone». Lo sa che è diventato l’eroe di tutti i laziali e, in Friuli, anche di una fetta importante di tifosi dell’Udinese che non hanno mai digerito appieno il modo in cui se n’è andato Spalletti? «Non so se sia vero e, in ogni caso, queste, sono situazioni che lasciano il tempo che trovano. Io penso al mio Cluj e a provare a portare più avanti possibile questa squadra, cercando di farci rispettare dovunque anche in Europa». Cosa ha portato di nuovo negli allenamenti della sua squadra rispetto al suo predecessore? «Io e il mio staff abbiamo cercato di lavorare molto sulla tattica e sull’intensità. Particolari, questi, sui quali non ho avuto molta difficoltà visto che da queste parti c’è una grande cultura del lavoro, quasi come da noi in Friuli». Nella sua multinazionale non mancano gli elementi interessanti. Secondo lei c’è qualche giocatore che sarebbe già pronto per fare un’esperienza nel campionato italiano? «Ovviamente sarebbe facile dire Juan Culio, dopo la doppietta realizzata martedì all’Olimpico, ma secondo me anche gli argentini Dani e Dubarbier hanno i numeri e le capacità per adattarsi bene al campionato più difficile del mondo». Un’ultima curiosità: sente ancora i suoi ex ragazzi del Sevegliano? «Certamente! Da quando sono diventato allenatore del Cluj li ho sentiti, chi via telefono chi via sms, praticamente tutti. Ho sempre detto che nella mia avventura sulla panchina gialloblù ho avuto la fortuna di avere a disposizione un gruppo stupendo e se sono arrivato dove sono adesso lo devo anche a loro e all’esperienza dei mesi nel campionato dilettanti».
Mattia Pertoldi

Messaggero Veneto, 17 settembre 2008
Trombetta affonda la Roma di Spalletti

Una sconfitta clamorosa in casa, 1-2 del Cluj dell’allenatore friulano Trombetta a Roma in casa di Spalletti, e una bella vittoria in trasferta, 0-2 dell’Inter ospite del Panathinaikos, per le prime italiane impegnate nei gironi di qualificazione di Champions League 2008 - 2009. Qui Roma. La Roma è la stessa di Palermo e rimedia un’altra sconfitta. Stavolta il ko arriva nell’esordio nel gruppo A di Champions contro i modesti rumeni del Cluj. I giallorossi, assenti a parte, sono ancora lontani da quella condizione che permette loro di esprimere il miglior calcio in Italia. Com’era accaduto in Sicilia, anche stavolta serve a poco il buon inizio e il vantaggio con Panucci nella fase iniziale della partita. Il Cluj, arivato all’Olimpico con poche pretese, prende coraggio con il passare dei minuti e mette in atto l’insperata rimonta grazie a una doppietta dell’argentino Juan Culio. È la Roma che deve fare la partita e lo si intende dai primi minuti per l’atteggiamento tattico piuttosto prudente dei campioni di Romania. Il primo gol arriva al 17’: calcio d’angolo di De Rossi e Christian Panucci con uno dei suoi consueti stacchi di testa anticipa tutti e non dà scampo a Stancioiu. Al 28’ arriva il pareggio: ottimo triangolo fra Trica e Juan Culio e conclusione da fuori di quest’ultimo che supera Doni. Al 4’ deklla ripresa arriva un’altra doccia fredda, il vantaggio del Cluj: cross di Trica, colpo di testa di Casetti in area che si trasforma in un perfetto assist per l’argentino Juan Culio che con un sinistro al volo infila Doni. Al 25’ Peralta, da poco entrato, colpisce la traversa di testa; era solo in area di rigore. Qui Inter. L’Inter di Jose Mourinho sbanca Atene alla prima uscita nel gruppo B di Champions, espugnando il campo del Panathinaikos con una rete per tempo di Mancini e Adriano che ha sostituito l’ex romanista nel secondo tempo. In entrambe le occasioni, decisivo l’assist di un ottimo Ibrahimovic. Il portiere del Panathinaikos, al 27’, nulla può sulla conclusione in corsa di Mancini, servito alla perfezione sulla sinistra da Ibra che, recupera palla, prova un primo assist ribattuto e poi riesce a servire il brasiliano. Nella ripresa, al 39’, l’Inter raddoppia con Adriano. Ancora un pregevole assist di Ibrahimovic trova il corridoio giusto per l’Imperatore che, a tu per tu con Galinovic in uscita, controlla la palla e la piazza sotto la traversa. Le altre. Questi sono stati gli altri risultati di ieri: Psv Eindhoven - Atletico Madrid 0-3 e Olympique Marsiglia - Liverpool 1-2 nel gruppo D; Barcellona - Sporting Lisbona 3-1 e Basilea - Shakhtar Donetsk 1-2 nel C; Werder Brema - Anorthosis Famagosta 0-0 nel B e Chelsea - Bordeaux 4-0 nell’A.